por rojo5 » 28 Nov 2012, 10:08
Uno de los mejores resúmenes de la temporada por Sabatini de autosprint. Toca todos los puntos (coche,piloto,suerte) y se moja.Me gusta que no se quede en las hojas (Spa,Suzuka) y vaya al fondo de los detalles que hacen ganar o perder:
Scrivo queste note a freddo sul mondiale di F.1 dopo una notte di lavoro su Autosprint. A 12 ore di distanza le considerazioni cambiano un po’ rispetto alle prime sensazioni provate a caldo nel dopogara. Ma l’impressione generale resta ben precisa: il campionato del mondo Piloti, che dovrebbe premiare il corridore più bravo, quello più veloce e dalla guida migliore, è stato deciso dalle macchine. Non ha contato abbastanza l’uomo per assegnare il titolo ma ha avuto più importanza il mezzo meccanico. Ha contato molto di più la stratosferica efficienza in curva della Red Bull rispetto alla solidità ed all’affidabilità della Ferrari. Per fare davvero giustizia, la Fia dovrebbe assegnare il titolo a Adrian Newey e varare un monomarca F.1 con le sue auto…
Alonso e Vettel meritavano entrambi il titolo. Alonso per l’intensità con cui ha corso per tutta la stagione; Vettel per la disarmante velocità che ha comunque dimostrato nei momenti-chiave. Ha vinto quello dei due che aveva tra le mani la macchina migliore. Paradossale però che a sancire la vittoria finale di Vettel sia stata una dote della sua Red Bull finora sconosciuta e che tutti finora riconoscevamo alla Ferrari: la solidità. Lo scivolo rotto, la pancia squarciata, il collettore di scarico schiacciato, la Rb8 di Vettel dopo il colpo ricevuto dalla Williams di Senna ha continuato a marciare come un orologio in gara permettendogli di arrivare in fondo.
Tutto questo senza nulla togliere a Vettel che è fortissimo. Un pilota non vince mai per caso: Vettel ci ha messo del suo in questa stagione, dove si è imposto con più fatica di quanto fece nel 2010 e 2011. Ma la sua classe non si discute: un corridore che in tre anni conquista tre volte di seguito il titolo mondiale avrà pure la miglior macchina in circolazione ma non può essere ingenerosamente liquidato con il termine “fortunato”. La vittoria se l’è cercata, sudata, conquistata. Anche perché di fortuna nell’ultima gara ne ha avuta poca. Gliene sono capitate di tutti i colori. Tamponato alla prima curva, schivato per miracolo da tutte le macchine dietro di lui, ha dovuto improvvisare una difficile rimonta dall’ultimo posto; gli hanno montato le slick quando cominciava a piovere, gli hanno perso le intermedie quando è tornato ai box per montarle, correva “al buio” perché ha perso la radio in una gara caotica dove era fondamentale per concordare le strategie. Semmai avesse avuto fortuna durante il resto del campionato, in Brasile la buona sorte ricevuta l’ha scontata tutta in una volta.
Vettel avrà avuto la macchina migliore, ma bisogna anche meritarsela. Il modo più rapido per giudicare un pilota è metterlo a confronto col compagno di squadra. L’unico con cui corre ad armi pari. Vettel e Webber corrono insieme dal 2009. A macchina pari hanno disputato 75 Gp. Vettel ne ha vinti ben 25 (uno su tre!), Webber soltanto 9. Vettel ha ottenuto un’infinità di pole e giri veloci, Webber no. Vettel ha conquistato tre titoli mondiali, Webber zero. L’australiano non sarà un fenomeno che passerà alla storia, ma il tedesco sì. Possiamo obiettare che non tutti i mondiali valgono uguale. Nei ricordi di chi li ha vissuti, per esempio, i tre titoli di Senna, Lauda o Stewart contano sicuramente di più di quelli di Piquet, conquistati con astuzia o vantaggi tecnici, tanti piazzamenti e poche vittorie. Ma nessuno mette in dubbi che Piquet sia un campione che non merita il suo posto nei top di sempre della F.1.
E qui arriva il discorso su Alonso. Meritava il titolo quanto Vettel – forse di più - per l’intensità e la determinazione di guida. Forse ha fatto anche meno errori di guida del tedesco pur guidando al 110%. Ha anche avuto nel finale convulso di Interlagos la chance di gara caotica che aveva tanto invocato: la pioggia, il caos, l’imprevisto. Ma l’accoppiata Alonso-Ferrari non sono riusciti a sfruttarla. Anzi, quel secondo posto è stato regalato da una follia di Hulkenberg altrimenti le speranze di campionato erano già chiuse dopo trenta giri.
Il rammarico è che se ad Interlagos ci fosse stata la coppia Alonso-Ferrari di metà stagione, il mondiale l’avrebbero vinto loro. Ma nell’ultima parte della stagione il binomio Rosso non era più così efficace come a giugno/luglio. È cresciuta la Red Bull, ma nello stesso tempo è nettamente calata la F2012 perché McLaren, Lotus e Force India le sono passate avanti.
Certo, ad Alonso pesano i punti persi nei due incidenti in Belgio e Giappone, ma le corse sono fatte anche di imprevisti, collisioni e avarie. Vanno messe in conto e fanno parte del gioco. Si può dire che Grosjean e Raikkonen abbiano tolto al ferrarista almeno trenta punti fra Belgio e Giappone. Ma anche senza scomodare la sorte, Alonso e la Ferrari hanno lasciato qua e là per qualche scelta strategica infelice, una manciata di punti che sarebbe stata sufficiente col senno di poi per vincere il mondiale. Non aver cambiato le gomme in Canada, è costato il podio, per esempio.
L’amara verità è che il mondiale della Ferrari è andato in fumo perché i fatti dimostrano che è molto più importante avere una macchina veloce piuttosto che una monoposto affidabile.
Però rimane un piccolo dubbio legato alla progressione di Massa. La cui crescita è coincisa in modo preoccupante con una certa flessione di Alonso. Sulla F2012 di fine stagione, da Singapore in poi, è cambiato qualcosa che non ha più permesso ad Alonso di sfruttarla come sapeva fare prima. Qualcosa che ha paradossalmente aiutato Massa a ritrovare competitività ma che ha compromesso la rincorsa del pilota numero uno.
"vivo o muerto,tú te vienes conmigo!" (Robocop 1987)